La versione
An sapientis sit rei publicae accipere habenas Illa perfugia quae sumunt sibi ad excusationem, quo facilius otio perfruantur, certe minime sunt audienda, cum ita dicunt accedere ad rem publicam plerumque homines nulla re bona dignos, cum quibus comparari sordidum, confligere autem multitudine praesertim incitata miserum et periculosum sit. Illa autem exceptio cui probari tandem potest, quod negant sapientem suscepturum ullam rei publicae partem, extra quam si eum tempus et necessitas coegerit? Quasi vero maior cuiquam necessitas accidere possit quam accidit nobis; in qua quid facere potuissem, nisi tum consul fuissem? Consul autem esse qui potui, nisi eum vitae cursum tenuissem a pueritia, per quem equestri loco natus pervenirem ad honorem amplissimum? Non igitur potestas est ex tempore aut cum velis opitulandi rei publicae, quamvis ea prematur periculis, nisi eo loco sis ut tibi id facere liceat. Maximeque hoc in hominum doctorum oratione mihi mirum videri solet, quod qui tranquillo mari gubernare se negent posse, quod nec didicerint nec umquam scire curaverint, iidem ad gubernacula se accessuros profìteantur excitatis maximis fluctibus. Isti enim palam dicere atque in eo multum etiam gloriari solent, se de rationibus rerum publicarum aut constituendarum aut tuendarum nihil nec didicisse umquam nec docere, earumque rerum scientiam non doctis hominibus ac sapientibus, sed in illo genere exercitatis concedendam putant. Quare qui convenit polliceri operam suam rei publicae tum denique si necessitate cogantur, cum, quod est multo proclivius, nulla necessitate premente rem publicam regere nesciant?
TRADUZIONE
Se spetti al sapiente assumere le redini dello Stato A quelle scappatoie che fanno proprie come scusa per godersi più comodamente il loro ozio di certo non bisogna dare alcun ascolto, allorché così dicono, che alla politica accedono per lo più uomini indegni di alcunché di buono, con i quali confrontarsi sarebbe spregevole, venire a conflitto, specie quando la massa è turbolenta, sciagurato e pericoloso. E da chi mai in fin dei conti potrebbe essere approvata quella deroga per cui dicono che il sapiente non si assumerà nessuna parte della cosa pubblica salvo che l'occasione e la necessità lo costringano? Quasi che a qualcuno possa capitare una necessità maggiore di quella che capitò a me; nella quale che cosa avrei potuto fare se allora non fossi stato console? E d'altra parte come avrei potuto essere console se fin dalla fanciullezza non avessi intrapreso una carriera percorrendo la quale io, appartenente per nascita al ceto equestre, potessi raggiungere la più elevata delle cariche? Non è data dunque facoltà di soccorrere lo Stato occasionalmente e quando tu lo voglia, anche se esso sia gravato da pericoli, a meno che tu non ti trovi in una posizione tale che ti sia consentito di farlo. E soprattutto questo nei discorsi di uomini dotti suole sembrarmi sorprendente, che coloro che sostengono di non poter guidare una nave col mare tranquillo, dal momento che né mai appresero quell'arte né mai si preoccuparono di acquisirne la conoscenza, quegli stessi affermino di essere pronti ad assumerne il timone quando più infuriano le onde. Costoro infatti sono soliti dire apertamente e di ciò menare anche gran vanto che essi non hanno mai né imparato né insegnato alcunché circa le modalità di organizzazione e conservazione degli Stati, e ritengono che la conoscenza di tali argomenti sia da riservare non ai dotti e ai sapienti, ma a coloro che si sono impratichiti in quel campo. Perciò come può essere ammissibile che essi offrano la loro opera allo Stato proprio se sono costretti dalla necessità, dal momento che, cosa che sarebbe molto più agevole, non sanno reggere lo Stato quando nessuna necessità li incalzi ?