Certamen Ciceronianum Arpinas

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XLIV CERTAMEN CICERONIANUM - ARPINO: 8-9-10-11 MAGGIO 2025

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La traduzione e il commento del vincitore

Non sapere cosa sia accaduto prima che fossi nato significa essere sempre bambino

L’oratore certo non deve essere preparato solo nella dialettica, ma bisogna conosca tutti i temi noti e discussi della filosofia. Infatti nulla che riguardi la sfera del sacro, la morte, la pietas, l’amor di patria, le fortune o le disgrazie, le virtù o i vizi, i doveri, il dolore, il piacere, le passioni e gli sbagli in cui incorre l’animo – argomenti che spesso si affacciano nei processi ma vengono discussi con alquanta aridità – nulla, affermo, può essere trattato e spiegato in un tono solenne, elevato e diffusamente senza quella disciplina, di cui ho parlato.
"Merlo Giovanni" vincitore della XXV edizione"

Ora parlo ancora della materia del discorso e non dello stile oratorio vero e proprio; voglio infatti che l’oratore, prima di considerare con quali parole e in che modo esporre ciascuna cosa, abbia materia di cui parlare degna di orecchie colte. Inoltre, affinché sia più solenne e, in una certa misura, sublime, esigo che non sia nemmeno all’oscuro delle scienze naturali. Senza dubbio, quando dalle faccende celesti farà ritorno a quelle umane, dirà e giudicherà ogni cosa da una prospettiva più elevata e grandiosa.
Ed anche una volta che abbia appreso quelle cose divine, non voglio ignori nemmeno queste altre, terrene. Dovrà padroneggiare il diritto civile, che le cause forensi richiedono ogni giorno; cosa infatti vi è di più vergognoso che assumersi la difesa in controversie legali e civili senza essere a conoscenza delle leggi e del diritto civile? Bisogna inoltre conosca lo svolgimento delle imprese e della storia passata, in massimo grado, è ovvio, di Roma, ma anche di popoli potenti e re illustri. D’altro canto non sapere cosa sia accaduto prima che fossi nato significa essere sempre bambino. Che cosa mai rappresenta la vita di un uomo se non si riallaccia alla vita delle generazioni che lo hanno preceduto per mezzo del ricordo delle vicende passate? Inoltre la menzione dei tempi antichi e la citazione di esempi aggiungono al discorso autorevolezza e credibilità, insieme con il più alto diletto.

Commento

Il brano proviene dall’Orator, il trattato cui Cicerone lavorò attorno al 46 e nel quale si proponeva di delineare la figura del perfetto oratore – tema già affrontato nove anni prima nel De Oratore – intervenendo al contempo nel dibattito con gli atticisti e toccando argomenti più direttamente legati al mestiere dell’oratoria.
Il problema qui presentato è quello della formazione culturale dell’oratore. Rifacendosi ad una concezione umanistica dell’oratore già elaborata da Isocrate, Cicerone ritiene che oratoria e filosofia siano indissolubilmente legate e anzi rappresentino originariamente un prodotto del medesimo lógος..
L’oratoria dovrà attingere alla filosofia per consentire all’oratore di “amplificare rem” ossia di allargare gli orizzonti del discorso dalla contingenza dello specifico argomento trattato alla generalità delle quaestiones infinitae, attraverso il ricorso ai loci communes filosofici.
La conoscenza della filosofia dovrà per lo più riguardare quegli aspetti etico-morali elencati, come in un lungo catalogo, nel primo paragrafo, strutturato attraverso l’accostamento per asindeto di tanti membra, tutti retti da nihil, che alternano termini positivi e negativi (bonis/malis, virtutibus/vitiis, dolore/voluptate,…).
Questa conoscenza servirà non solo a toccare le giuste corde dell’animo di chi ascolta, ma anche a plasmare la forma e la struttura stesse del discorso in modo che esso risponda ai requisiti della gravitas, della amplitudo e della copia: la prima di queste tre “virtutes dicendi” è tipicamente latina e attiene alla serietà, solenne e carica di dignitas, richieste all’oratore, le altre due qualità invece sembrano essere più strettamente “asiane”, e riguardano l’ampiezza di respiro e la ricchezza lessicale e stilistica ottenute con gli strumenti dell’ornatus, più estranei agli atticisti, il cui vizio è la ieiunitas evocata nello stesso passo.
Cicerone attribuisce insomma grande importanza alla materia orationis: l’inventio, la ricerca di temi e argomenti, era infatti il primo fondamentale momento della retorica e Cicerone, che in gioventù aveva dedicato un’intera opera alla inventio, vi si sofferma con interesse maggiore che sugli espedienti retorici più tecnici, ai quali, qui come altrove, dedica minor spazio, lasciando che siano retori di più bassa lega ad occuparsene diffusamente.
Era infatti convinzione di Cicerone e, più in generale, degli oratori romani che un discorso potesse reggersi solo su solidi argomenti ed idee (“prius habeat orator rem”) e non su meri artifici verbali. Ma questo sapere enciclopedico dell’oratore ha anche un altro, più sottile scopo: lo studio delle cose della natura (phisica) apre la mente dell’uomo, consentendole di raggiungere vette più sublimi. Il viaggio attraverso le res caelestes, che ricorda quello descritto nel Somnium Scipionis, dovrà necessariamente concludersi con un ritorno alle res humanae. Anche questa è un’idea ciceroniana: dedicarsi allo studio non significa abbandonarsi alla vita contemplativa, anzi, il vir bonus saprà, nutritosi di questi piaceri intellettuali, far ritorno con maggior slancio ai negotia. Il lessico qui è tutto improntato alla resa dell’elevatezza e della grandezza d’animo (grandior et excelsior) che, raggiunte dall’oratore, si riflettono specularmene (excelsius magnificentusque) nelle sue parole e nei suoi pensieri.
Tali soggetti elevati non esauriscono comunque la preparazione dell’ottimo oratore che deve abbracciare anche le scienze più “umane” come il diritto civile. La conoscenza approfondita delle leggi infatti non era allora ritenuta essenziale nemmeno per un patronus: esistevano sì grandi giureconsulti ma molti oratori si rivolgevano per consulenze specifiche ai “pragmatici”, esperti di diritto come quelli che esistevano in Grecia. Questa pratica, svuotando l’oratoria di ogni competenza specifica, viene vituperata da Cicerone che la condanna come “turpis”, e la ritiene un portato della peggiore sofistica greca.
L’indignazione suscitata da una simile ignoranza si traduce in un’interrogativa retorica, con la quale l’autore si rivolge insieme all’allievo e al lettore, di più complessa articolazione sintattica rispetto alle brevi frasi usate in precedenza.
All’opposizione cognoverit/ignoret, ignarus/cognoscat va aggiunta la frequenza con cui ricorrono i termini del lessico giuridico, in particolare la distinzione fra ius civile e leges.

Infine tra le scienze umane dal più alto valore formativo non può che esservi la storia. Cicerone elenca due ragioni che motivano la sua importanza per l’oratore. Innanzitutto essa costituisce il fondamento della sua identità, che deriva dal senso di appartenenza alla propria civitas, dal riconoscersi parte di una medesima tradizione di eventi, di imprese e di gesta. Soltanto le radici, il legame con i maiores conferiscono valore e senso alla aetas hominis permettendole di crescere e maturare anziché rimanere sempre nella pueritia.

Ma anche le vicende di popoli e re stranieri hanno grande importanza. La seconda ragione è infatti più “retorica” ma non meno rilevante: la storia è un ricchissimo bacino di exempla oltre che raccontare un passato che, suggestivamente, si intesse (contexitur) con il presente. L’exemplum, (l’aneddoto che fornisce materia per una digressione e stabilisce un parallelo, in positivo o in negativo, con un fatto passato) non solo conferisce valore, peso, attendibilità alle parole di chi parla ma permette di ottenere un effetto che per un oratore non è affatto trascurabile: il godimento e il diletto di chi ascolta.

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