Certamen Ciceronianum Arpinas

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Via Aquila Romana, 2 Arpino (Fr) - Italy

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XLIV CERTAMEN CICERONIANUM - ARPINO: 8-9-10-11 MAGGIO 2025

Piattaforma per l'iscrizioni Certamen 2025: https://certamen.comune.arpino.fr.it
Certamen registrations 2025: https://certamen.comune.arpino.fr.it
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La prova della 42ª edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas

 prova2023
Questa la prova della 42ª edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas
 
BRUTUS , I, 1-4
Cum e Cilicia decedens Rhodum venissem et eo mihi de Q. Hortensi morte esset adlatum, opinione omnium maiorem animo cepi dolorem. Nam et amico amisso cum consuetudine iucunda tum multorum officiorum coniunctione me privatum videbam et interitu talis auguris dignitatem nostri collegi deminutam dolebam; qua in cogitatione et cooptatum me ab eo in conlegium recordabar, in quo iuratus iudicium dignitatis meae fecerat, et inauguratum ab eodem, ex quo augurum institutis in parentis eum loco colere debebam.
Augebat etiam molestiam, quod magna sapientium civium bonorumque penuria vir egregius coniunctissimusque mecum consiliorum omnium societate alienissimo rei publicae tempore exstinctus et auctoritatis et prudentiae suae triste nobis desiderium reliquerat; dolebamque quod non, ut plerique putabant, adversarium aut obtrectatorem laudum mearum sed socium potius et consortem gloriosi laboris amiseram. Etenim si in leviorum artium studio memoriae proditum est poetas nobilis poetarum aequalium morte doluisse, quo tandem animo eius interitum ferre debui, cum quo certare erat gloriosius quam omnino adversarium non habere? Cum praesertim non modo numquam sit aut illius a me cursus impeditus aut ab illo meus, sed contra semper alter ab altero adiutus et communicando et monendo et favendo.
Sed quoniam perpetua quadam felicitate usus ille cessit e vita suo magis quam suorum civium tempore et tum occidit, cum lugere facilius rem publicam posset, si viveret, quam iuvare, vixitque tam diu quam licuit in civitate bene beateque vivere, nostro incommodo detrimentoque, si est ita necesse, doleamus, illius vero mortis opportunitatem benevolentia potius quam misericordia prosequamur.

 

Traduzione non ufficiale.
(Tratta da Classici Latini, UTET, a cura di Giuseppe Norcio, 1970)
 
Tornando dalla Cilicia, giunsi a Rodi, e lì mi fu portata la notizia della morte di Q.Ortensio, provai tale dolore, quale nessuno può immaginare. Infatti, da una parte mi vedevo privato di un amico carissimo, al quale mi univa il ricordo di tante gentilezze, dall’altra constatavo con dolore che il nostro collegio degli àuguri veniva colpito nel suo prestigio per la morte di un così illustre membro. Nel fare queste considerazioni non potevo dimenticare che era stato proprio lui ad appoggiare la mia assunzione in quel collegio, e che, facendosi garante con giuramento della mia dignità, mi aveva anche consacrato. Questo mi obbligava, secondo la tradizione degli àuguri, a rispettarlo come un padre. Accresceva il mio dolore il pensiero che, nella grande penuria di cittadini saggi e buoni, quell’uomo egregio, legato a me da una cosi completa comunanza di idee, veniva a mancare nel momento più sfavorevole per lo Stato, lasciandoci il triste rimpianto del suo prestigio e della sua saggezza. Notavo con tristezza che io avevo perduto non un avversario o un nemico dei miei successi, come parecchi pensavano, ma piuttosto un collega ed un compagno di un glorioso lavoro. Se, come ci è stato tramandato a proposito di studi più leggeri, illustri poeti si sono afflitti per la morte di poeti loro coetanei, con quale dolore dovevo io accogliere la morte di un uomo, la cui rivalità costituiva un motivo di gloria maggiore della completa assenza di rivali? Specialmente quando si pensa che non solo non ci siamo danneggiati l’un l’altro nella nostra carriera, ma al contrario ci siamo aiutati con scambio di idee e consigli ed incoraggiamenti. Ma poiché la fortuna, da cui fu sempre assistito, gli concesse di morire in un momento più propizio per lui che per i suoi concittadini, in un momento, dico, in cui egli potrebbe più facilmente compiangere lo Stato, se ancora vivesse, che soccorrerlo, ed è vissuto finché si è potuto vivere in questo paese con decoro e felicità, rattristiamoci pure, se è necessario, della nostra sventura e del nostro danno, ma pensiamo alla sua morte, giunta per lui al momento opportuno, più con un senso di affetto che di commiserazione.

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